Il cocktail perfetto è composto da buone materie prime, ottime conoscenze dei prodotti, eccellenti tecniche di preparazione e un bel sorriso.
Per costruire un cocktail oltre a ingredienti e dosi necessitano alcune indicazioni per avere sicurezza nella preparazione. Partiamo col suddividere il lavoro in due stili : il classico e il Flair.
Stile Classico
Prevede la versata a mano libera, senza dosatori, pertanto sarà indispensabile il jigger, lo strumento a forma di doppio cono che funge da misuratore. Per calibrarle esattamente, presenta una misurazione in centilitri, once o frazioni. Di norma si trovano con misurazioni assestate sui 30, 45 o 60 ml ovvero 3 – 4,5 – 6 cl. Lo si usa tenendolo tra il dito indice e medio, e la versata viene fatta nel bicchiere o mixing glass, posizionato di fronte a noi, in maniera frontale come da foto.
Stile Flair
Prevede l’utilizzo di speciali beccucci in metallo detti metal pour applicati alle bottiglie che garantiscono (se si inclina correttamente la bottiglia) un flusso costante e continuo del prodotto. Con questo metodo, detto free pouring, per dosare gli ingredienti la versata viene scandita da un conteggio “a sillabe” dove ogni sillaba corrisponde a 1/4 d’oncia. Nello schema qui sotto possiamo capire meglio.
ONCE (OZ) | CENTILITRI | CONTEGGIO |
¼ oz | 0,75 cl | Bubble (o Rumble) |
½ oz | 1,5 cl | 2 (two) |
¾ oz | 2,25 cl | 3 (Three) |
1 oz | 3 cl | 4 (Four) |
1 – ¼ oz | 3,75 cl | 5 (Five) |
1 – ½ oz | 4,5 cl | 6 (Six) |
1 – ¾ oz | 5,25 cl | 7 (Se-) |
2 oz | 6 cl | 7 (-ven) |
Una volta capito lo stile che preferiamo, dobbiamo allenarci per imparare bene i movimenti ed essere fluidi e sciolti nella versata. A questo punto rimangono da capire le tecniche necessarie per comporre un drink, vediamole insieme.
Build
Dall’inglese letteralmente significa costruire, e in effetti consiste nel comporre il drink direttamente nel bicchiere che andremo a servire, versandovi gli ingredienti. E’ la tecnica più facile, fermo restando che le dosi siano esatte, usata in cocktail tipo spritz, negroni, americano e così via. L’unico attrezzo che ci può servire a completare il servizio è il barspoon, il cucchiai dal manico lungo alla cui estremità può esserci una “goccia” creata ad hoc per controbilanciare il peso (per chi fa mixology acrobatica), un “tridente” detto fork utile per infilzare la frutta, oppure un piccolo pestello nel caso si debbano frantumare tipo le zollette di zucchero. E’ importante per prima cosa riempire di ghiaccio il bicchiere, successivamente si versano i liquidi e poi si mescola. La mescolata è importante per diluire l’alcol, va fatta in maniera omogenea facendo girare il ghiaccio come fosse un blocco unico. Nel caso di drink tipo Mojito la mescolata sarà in senso verticale per miscelare gli ingredienti pestati sul fondo.
Blended
E’ un po’ una tendenza degli ultimi anni. Si usa principalmente per la categoria di cocktail detti “frozen” dove si usa la frutta fresca, e prevede l’uso del blender. Si versano gli ingredienti nel frullatore con una quantità di ghiaccio precisa, solitamente già tritato per ottenere una giusta cremosità, e una volta frullato si serve. Fanno riferimento a questa tecnica drink come Pina colada o Daiquiri alla frutta.
Muddled
Prende il nome dall’attrezzo indispensabile per la realizzazione del cocktail: il muddler. Si tratta di un pestello e viene usato nei drink tipo caraibici come la Caipirinha, dove si deve schiacciare delicatamente la frutta per estrarne il succo, solitamente assieme allo zucchero, per creare la base del drink. Una volta creata la base di frutta e zucchero si procede riempiendo il bicchiere di ghiaccio e poi di versano gli ingredienti previsti. Importante è mescolare dal basso all’alto per armonizzare gli ingredienti.
Shakerare
Croce e delizia di ogni barista alle prime armi, la shakerata è il metodo che permette di raffreddare, miscelare, diluire e donare una determinata consistenza vellutata al cocktail agitandolo con ghiaccio. Potrebbe sembrare un concetto semplice, ma il tempo e l’intensità di scuotimento possono variare notevolmente a seconda di cosa c’è all’interno dello shaker e di come verrà servita la bevanda finita. La scossa più lunga e dura, è riservata alle bevande che vengono servite filtrate, mentre una bevanda con ghiaccio potrebbe trarre beneficio da una scossa più corta, dato che un pò di quel ghiaccio sarà versato nel bicchiere. Per le bevande che riceveranno una diluzione – come ginger beer che viene aggiunta alla fine – la scossa è ancora più corta, ma particolarmente vigorosa. A questo proposito, per approfondire è interessante l’articolo su https://barmanitalia.it/lo-stile-della-shakerata/. Se si serve il cocktail direttamente nel bicchiere di servizio senza filtrare e quindi con il ghiaccio shakerato, la tecnica di miscelazione prende il nome di Shake & Pour.
Shake and Strain
Un completamento del servizio come accennato sopra è il filtraggio del drink dal ghiaccio. Per questa operazione di usa lo strainer, un “colino” che può essere a molla (per adattarsi alle varie circonferenze dei tin), oppure una sorta di “cucchiaio forato” detto julep strainer: in questo caso è pensato per entrare dentro al tin in modo da bloccare il ghiaccio. Se il drink è servito in coppetta (raffreddata) senza ghiaccio si chiama Stright up, mentre se viene filtrato e versato in un tumbler basso con ghiaccio nuovo viene definito on the rocks. Per filtrare ulteriormente il cocktail si può utilizzare la tecnica definita double strain e prevede l’utilizzo di un ulteriore colino a maglia fine. Questa è consigliata quando all’interno del liquido possono rimanere dei residui dei succhi di agrumi o pezzetti di ghiaccio che potrebbero dare fastidio durante la bevuta.
Stir and Strain
Letteralmente “mescolare e filtrare” altro non è che la tecnica usata per i cocktail più delicati, o con una alta gradazione alcolica che deve essere diluita. Si usa un mixing glass colmo di ghiaccio dove vengono versati gli ingredienti e mescolati col barspoon con cura, avendo l’accortezza di far girare il ghiaccio senza scomporlo, la parola d’ordine è diluire. Si procede poi con la filtrazione attraverso lo strainer in bicchiere.
Swizzle
Questa tecnica prende il nome dall’attrezzo usato per miscelare: lo swizzle, che letteralmente significa bastoncino. Originariamente nasce nei Caraibi dove i ramoscelli della pianta quararibea turbinata erano usati per agitare e miscelare il drink composto da rum acqua e aromi. Molti anni ed evoluzioni dopo ritroviamo ancora questa tecnica che si definisce una miscelazione naturale, sfregando il bastoncino tra le mani e muovendolo su e giù si miscela il drink grazie alle estremità che immerse nel liquido fungono da frullino.
Throwing
Ha origini molto antiche, ed è stata ampiamente promossa dal professore Jerry Thomas per uno dei suoi drink in particolare. Prevede di utilizzare due recipienti abbastanza capienti, in molti usano le parti di un boston shaker (i tin), nei quali si effettua un passaggio della bevanda dal primo al secondo recipiente e viceversa. Questo metodo si dice sia utile ad ossigenare i componenti del drink che acquisiscono una maggiore fragranza. In uno dei due recipienti viene inserito anche del ghiaccio se al drink si decide di dare anche una diluizione. Solitamente non sono previsti più di cinque passaggi, di certo va detto che è una tecnica molto scenografica.
Ora che son stati chiariti stili e tecniche non rimane che provarle tutte, bevete, ma soprattutto shakerate responsabilmente!