Storia

Pisco: il succo d’uva distillato

Il Pisco si ottiene dalla distillazione del mosto fresco d’uva. Viene prodotto in Perù e Cile, con alcune differenze nelle fasi produttive.

Il Pisco è un’acquavite distillata dal mosto fresco di alcune varietà di uve aromatiche e non, fermentato di recente, e si differenzia dai distillati di vinacce per l’impiego del solo succo d’uva e non dei residui della pigiatura. L’aspetto è trasparente, simile agli spiriti di frutta ed alla grappa. Di fatto non è ancora brandy: per quanto il Pisco potrebbe diventarlo, non è uso, né è permesso dai regolamenti dei due stati sudamericani di Perù e Cile.

I due paesi producono un distillato con alcune differenze nonostante il nome ne accomuni il prodotto, come le materie prime la produzione e l’invecchiamento. Per questo motivo è in atto da anni una guerra legale che dovrebbe prima o poi attribuire la Denominacion de Origine Pisco al solo Perù.

Le principali differenze sono legate alla distillazione ed all’invecchiamento.

Nella versione peruviana l’invecchiamento è eseguito in vasche di acciaio o di terracotta, senza l’uso del legno. Il brandy contrariamente non può definirsi tale se non ha contatto con questo materiale, per un periodo inferiore all’anno. Inoltre quasi sempre il brandy ed il Pisco cileno sono diluiti con acqua prima della sua permanenza in botte o della sua commercializzazione, mentre il quello peruviano non lo è quasi mai, per via della sua gradazione minore in uscita dall’alambicco. La quasi totalità del Pisco cileno è distillato in continuo con colonne di rettifica mentre il peruviano ammette solo l’uso del discontinuo normalmente di piccola capacità. Il Pisco verde o mosto verde di scuola peruviana è ottenuto dalla distillazione di mosto semifermentato in cui si trova ancora residuo zuccherino e non esiste nessun altra acquavite che usi questo metodo. Normalmente per ottenere un litro di Pisco servono 7 chili di uva, nel caso del mosto verde siamo a più del doppio, per via della bassa gradazione.

Introduzione

La vite, fornitrice della materia prima, arrivò in questo stato intorno al 1550, mentre il primo vino fu prodotto cinque anni dopo nei tenimenti di Bartolomè Terrazzas.

Viste le notevoli differenze e l’uso dello stesso nome, come accade tra Scozia e Irlanda è in atto una annoso diverbio sulla paternità del distillato tra Cile e Perù. Questa diatriba, nei secoli si è acquisita anche a causa di una lunga guerra tra le due nazioni per la conquista di un territorio, il deserto di Acatama ricco di salnitro.

Le ragioni cilene a favore della paternità del distillato sono più che altro di origini storica legate alle popolazioni inca e alla diffusione di un prodotto simile all’epoca dei conquistadores .

Il Perù però ha molti più documenti a suffragare le origini del distillato ed ha anche istituito nel 1990 una Doc a tutela del prodotto. La fonte più accreditata è relativa al nome legato alla sua area di produzione. Pisco è un fiume, che dà anche il nome alla cittadina costiera situata vicino ad Ica e Nazca, aree vocate alla produzione, dove si hanno le prime testimonianze del distillato. Da qui l’acquavite veniva imbarcata per l’importante porto di Lima, capitale del Perù. Il nome della città deriverebbe dall’innumerevole quantità di volatili che abitavano anticamente le coste. Gli abitanti delle Ande, gli Incas una volta scesi a valle verso il mare rimasero stupiti dalla varietà e dalle dimensioni di queste specie. Questi piccoli uccelli, nettamente diversi dagli enormi condor andini vennero battezzati “Pisku”.

Non da ultimo l’acquavite potrebbe aver preso la denominazione dal contenitore in argilla di tradizione Indios, detto “Piskos”, nel quale era commercializzato inizialmente dagli spagnoli, mancando le bottiglie di vetro, fino al 18° secolo. Questi recipienti prenderebbero a sua volta il nome dai grossi vasi di terracotta che le civiltà pre-colombiane utilizzavano come contenitori per la frutta e per fermentare la “chicha” (un fermentato di mais ).

Il primo scritto ufficiale che attesta l’esistenza del distillato è il testamento di Pedro Manuel, datato 1613 che lascia in eredità una partita di Pisco e relativi alambicchi per produrlo. I documenti successivi sono datati 1630 e testimoniano l’inizio di una produzione massiccia nell’area. Gli alambicchi per produrre Pisco arrivano sicuramente dalla Spagna, al seguito dei Conquistadores o delle prime missioni cristiane in loco, e sono presumibilmente discontinui. La produzione di Pisco è di dimensione familiare come s’intuisce dal lascito del defunto e mantiene queste caratteristiche per anni, fino al XVIII secolo, dove si ebbe un aumento della produzione, per via del successo che l’acquavite iniziò a riscuotere, sopratutto in America. In tutto questo non dobbiamo dimenticare il contributo fondamentale dato dagli italiani immigrati in Perù alla diffusione della coltivazione della vite e del sapere della distillazione. A dimostrazione di ciò, una varietà di vite pisquera è detta appunto l’Uva Italia. La colonizzazione italiana è presente anche in un antica miscelazione che prendeva il nome di Buongiorno: un mix di grappa, succo di limone, zucchero ed acqua che veniva bevuto come dissetante dai contadini. La grappa oggigiorno, nonostante la gran quantità di vinacce date dalla grande produzione vitivinicola non risulta più prodotta.

La conquista spagnola portò sicuramente il sapere della distillazione in questa area, ma nel proseguo della storia i due distillati si differenziarono, per stile produttivo e qualità. Nel prossimo futuro probabilmente i cileni saranno costretti a cambiare il nome alla loro acquavite, per via del contenzioso aperto dal Perù. I rapporti fra i due stati non sono mai stati idilliaci a causa della guerra che macchiò per lunghi anni il Sudamerica. Dal 1879 al 1884,il Perù e la Bolivia combatterono contro il Cile, quella che fu conosciuta come la “Guerra del Pacifico o del salnitro” per la conquista del deserto di Atacama ricco di questo elemento chimico. I ricchi depositi di guano, eccezionale fertilizzante, furono oggetto di un contenzioso da parte dei tre stati che se ne contesero il possesso con una sanguinosa guerra, con alterne fortune, fino all’epilogo che vide la parziale vittoria cilena e la successiva spartizione delle province interessate.

Grazie alla diffusione tra i marinai, per il basso prezzo, il Pisco divenne per un periodo ben distribuito in quella parte di sud America: veniva infatti imbarcato in grandi quantità su ogni nave in partenza e veniva utilizzato come corroborante e disinfettante, ma anche come merce di scambio, una volta attraccati nel porto successivo. La sua definitiva esplosione fu durante la corsa all’oro in California del 1850. In questo fu utile la mano dei primi miscelatori come Duncan Nicol del bank exchange di San Francisco e del suo pisco punch. Anche Jerry Thomas fu cittadino di San Francisco per un po’ poiché in quel tempo quella città era il fulcro commerciale di un intero paese. L’inizio del proibizionismo fermerà la distribuzione del distillato e la successiva depressione economica contribuirà alla sua scomparsa in favore di Rum e Tequila.

Continua alla pagina successiva per scoprire le varie categorie di pisco.

Categorie di Pisco

Pisco Puro

Prodotto con monovitgno in purezza da uve aromatiche. Alla degustazione ha poco aroma, ma un gusto complesso che viene dato dalla varietà di uva impiegata.

Pisco Aromatico

Come dice il nome è prodotto da vitigni aromatici, molto floreale e fruttato al naso, riprende le stesse sensazioni in bocca .

Pisco Acholado

Mosto distillato ottenuto dalla vinificazione di più varietà di uve, bilancia il gusto del puro con i profumi dell’aromatico.

Pisco Verde

Il cui mosto non fermenta completamente ed ha pertanto un importante residuo zuccherino. Dona sensazioni più sottili al naso ed al palato, ma ha un corpo sostenuto e vellutato.

Pisco Aromatizado

Si distilla insieme al vino della frutta sospesa in un canestro nell’alambicco; la corrente di vapore estrae gli aromi della frutta assieme al pisco, e gli dona il gusto caratteristico.

Le varietà di uve utilizzate sono 8 e a differenza d’altri stili produttivi europei, che preferiscono vini piatti ed aciduli, qui il vitigno aromatico trova il suo spazio nel distillato. Le qualità non aromatiche sono la Negra Criolla, Mollar, Uvina e Quebranta, quest’ultima a detta di molti la miglior uva da Pisco.
Il Pisco elaborato con vitigni aromatici, quali Albilla, Italia, Moscatel e Torontel prende il nome del vitigno utilizzato sotto un ulteriore specifica in etichetta di Pisco Aromatico. Le vigne sono ubicate lungo tutta la fascia costiera e sono coltivate con tutte le varietà, anche se ci sono particolari terroir vocati per alcune di esse.

La cosa particolare del Pisco, oltre l’uso delle uve aromatiche per la sua produzione è che molte di queste specie, come si evince dal nome sono a bacca grigia o nera.
La scuola peruviana in genere possiede vigne di proprietà e le maggiori realtà sono dotate di moderne macchine per la produzione del vino anche se tradizionalmente si prosegue con la pigiatura con i piedi come nell’antichità.

Il vino ottenuto è convogliato all’interno delle tinajas dalla capacità variabile di 300/400 litri, per l’inizio della fermentazione alcolica, terminata la quale si procede alla distillazione. Il mosto non deve assolutamente contenere anidride solforosa, pertanto la vendemmia, la vinificazione e la distillazione devono essere svolti nel minor tempo possibile, onde evitare l’attacco dei batteri acetici. La presenza di anidride solforosa, un composto chimico volatile, darebbe al distillato un sapore poco piacevole di zolfo.

La fermentazione dura circa 14 giorni al termine del quale si procede con la distillazione, tranne che per il Pisco verde, che in Perù viene quasi sempre praticata con alambicchi discontinui e produce qualità, mentre per i prodotti commerciali quasi totalmente cileni il prodotto viene distillato con alambicco continuo a colonna e allungati con acqua prima della commercializzazione.

Le produzioni artigianali peruviane sono effettuate in alambicchi chiamati falcas, in cui il fuoco è ottenuto con un legno aromatico particolare, chiamato algarrobo. La cucurbita e la camera d’ebollizione sono in parte in muratura ed parte in rame e dall’alto della caldaia esce un lungo tubo inclinato conico di rame (cañon) immerso in una vasca refrigerante. Al termine del tubo il Pisco si raccoglie nelle caratteristiche anfore di terracotta.

Questi alambicchi nacquero per sopperire alla mancanza di alambicchi tradizionali in rame, molto costosi, da parte dei produttori con minori possibilità economiche, ma oggi le produzioni di nicchia ottenute con questo strumento sono molto ricercate. Il processo di distillazione è molto particolare ed unico, in quanto il grado alcolico finale è decisamente più basso rispetto ad altri distillati di vino, pertanto non è necessario aggiungere acqua prima della sua commercializzazione. Le cucurbite piuttosto basse evitano che l’alcol sia eccessivamente puro, infatti con ampi capitelli o alte colonne avremmo gradazioni elevate. Il distillato rimane comunque di buona qualità e ricco di profumi anche se la gradazione non è elevata.

I prodotti cileni invece vengono allungati con acqua prima del loro passaggio in legno, per smorzare l’irruenza alcolica che aggredirebbe troppo i tannini delle doghe.

Per disciplinare il Pisco ha un invecchiamento minimo di tre mesi in acciaio o in contenitori di vetro. La totalità dei prodotti peruviani è bianca e ha profumi di uva matura e sono per questo molto apprezzati soprattutto in patria. Orgogliosamente i peruviani sono soliti dire che ci sono due cose che non servono per fare il Pisco: l’acqua e il legno.

Infatti i migliori prodotti commerciali cileni sono soliti all’elevamento in botte anche se, non esistendo un disciplinare, non ci sono regole che ne determinino la durata.

La produzione è per la quasi totalità consumata in Perù, mentre solo una piccola parte viene esportata.

La richiesta di Pisco, dopo l’ aumento di attenzione da parte dei barman di tutto il mondo, è sensibilmente aumentata, ma i produttori sembrano intenzionati a non aumentare le quote produttive per non svilire la qualità.

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